Che dite, ci provo?

avrei una mezza storia da scrivere, anzi l'ho già scritta, non tutta, solo un pezzo, il problema è che se vado avanti così diventa un libro.
Se volete ne metto su un pezzo (quello che sono riuscito a scrivere) è ABBASTANZA LUNGO, non vorri annoiarvi troppo nel leggerla
Che dite ci provo?

Certo che ci devi provare!!
Vai con il primo episodio!

Guarda che son 5 o 6 pagine

Beh se è a puntate intanto metti l'inizio no?? così ci fai anche aumentare la suspance...

Ok faccio una pagina per volta

Verso nord

Si accese la pipa e lunghe volute di fumo avvolsero il cappellaccio che portava sghembo sulla testa, il pappagallo, che fino a quel momento era rimasto buono sulla sua spalla cominciò a dimenarsi e a voler fuggire via, urlando tutto il suo sdegno per il fastidio che provava.
Dovrebbe esserci abituato visto che ormai erano anni che viveva su quella spalla, in compagnia del nostromo della Rosalina Costa, un piccolo clipper a tre alberi che faceva la spola dal Capo di Buona Speranza fino al porto francese di Le Havre.
Il viaggio verso sud era stato proficuo, molti passeggeri emigranti avevano pagato un bel prezzo per poter raggiungere il Sud Africa e lì costruirsi una nuova vita, così non era stato per la prima parte del viaggio di ritorno, appena usciti dalla baia che protegge il Capo, i quaranta ruggenti avevano manifestato tutta la loro antipatia verso la passeggera che aveva intrapreso la rotta del ritorno con il capitano.
Il nostromo era intento a controllare il carico di guano che i marinai stavano stivando a bordo, mentre con un occhio controllava il mare ad ovest, dove grossi cumuli di nuvole si stavano addensando.
“maledizione” esclamò,
tutti si girarono verso di lui, ma era già scomparso a terra per vedere come procedevano le operazioni di carico e controllare i lavori per riparare il fasciame delle opere vive, ormai saturo di teredini e quasi completamente marcio.
Il clipper era stato tirato in secca con l’aiuto di grossi paranchi e cime dello spessore di un braccio, e adagiato su grossi cunei di legno ricavati dall’albero che aveva ceduto sotto lo sforzo di contrastare i venti.
Ormai le operazioni erano alla fine e il nostromo si sentì più tranquillo, al punto di accarezzare il pappagallo, che nonostante non avesse le ali tarpate e potesse allontanarsi liberamente non scendeva quasi mai da quel trespolo urlante e ondeggiante.

La prossima domani

che sia domani però :-) .....

ok tanto a differenza tua io sono in ferie

Basttt........:-)Non è che lo metti tutto prima di sabato che me lo porto in Africa da leggere eh?
Ef

sono poche pagine te l'ho gia detto, venerdì è finito ( a meno che non riesca ad andare avanti, sai .... sono in ferie... )
Dovete dirmi almeno se come attacco vi piace, se no cosa lo faccio a fare?

Come attacco va bene, incuriosisce :-)

by Mine

sono curiosa anch'io di leggere il seguito ma........cosa sono le o i "teredini"???
ciao
Vilma

Le teredini sono vermicelli che si nutrono di legno e nelle navi in legno costituiscono un problema nn da poco
tra poco la seconda pagina

La contessina, così era chiamata dalla ciurma, la donna che viaggiava in compagnia del capitano, era appena uscita dalla cabina, con un fazzoletto profumato sotto le narici per difendersi dall’odore nauseabondo che saliva dalle ceste di vimini cariche di guano, appena lo vide si girò di schiena, e si incamminò verso il giardinetto di poppa.
Con la sua grazia aveva conquistato un po’ tutti, dai marinai, uomini poco portati per la gentilezza, ai due giovani mozzi, che non facevano altro che pensare al lei durante la notte. Anche il nocchiero, ormai passato tra mille pericoli e tre mogli, era incantato dalla bellezza di quella donna dai capelli biondi e dagli occhi neri e brillanti come due opali .
Solo il nostromo, mai sposato, amante della libertà e molto superstizioso non aveva fatto amicizia con la dama che aveva dimostrato di essere gentile e solare con tutti
Eppure non era un cattivo uomo, ancora giovane, ancora capace di far innamorare le donne con un solo sguardo, con i suoi occhi grigio verdi e il fisico tutto sommato attraente, riusciva a fare breccia non solo nei cuori delle signore ma anche a instillare fiducia agli uomini che comandava con piglio deciso e voce ferma.
La marea stava salendo e le operazioni di ripristino e di carico erano ormai terminate, dopo 2 giorni a riparare i danni del fortunale e a scavare e caricare il guano tutti erano felici e impazienti di rimettersi in viaggio verso casa, a lasciarsi alle spalle quello che era poco più di uno scoglio, quello che gli abitanti della costa chiamavano l’isola di Ichaboe , una risorsa di guano per l’alta concentrazione di cormorani che vi nidificano sopra.
Il capitano in quel momento salì sul ponte con un barilotto di whisky per festeggiare la ripresa del viaggio, erano troppi mesi che mancava da casa, voleva tornare per poter mettere fine a una vita che non gli era mai piaciuta, grande amante del mare, iscritto al primo corso del scuola marinara di Camogli, aveva finito per accettare l’offerta che gli era stata fatta dal vecchio comandante della Rosalina Costa di imbarcarsi con lui, per mettere a tacere la madre che lo voleva marinaio come lo era stato suo padre.

A quando il terzo episodio??? Lo aspetto!!!

domani

Che schifo...le teredini...... :-) non si possono avere delle cozze ,al loro posto? ...aspetto :-)
Ef
PS Mi piace, così all'impronta....

Ci sono pure le cozze attaccate agli scafi ma non fanno danni, rallentano solo la nave,
fossero in umido magari .....

La festa ebbe poca durata visto che il vento aveva fatto alzare il livello delle onde e c’era poco tempo per poter prendere la marea della sera, e gli ordini, impartiti con le urla dal nostromo, riecheggiavano per tutta la nave.
Appena salpati, appena usciti dall’insidia delle secche che formavano una barriera per le onde, nella piccolissima baia al riparo dal vento del sud, il veliero fu investito da una burrasca che sollevò di molto il livello delle onde e cominciò subito a farlo rollare.
Il cielo era sereno ma le onde erano molto alte, gli ombrinali continuavano a scaricare in mare l’acqua che le onde portavano a bordo, la dama era scesa nella sua cabina, i mozzi ancora inesperti si erano legati con le cime all’albero di trinchetto, il nocchiero era legato al suo posto da due robuste gomene e comandava il timone con l’aiuto del capitano, mentre il nostromo continuava a dare ordini ai marinai.
Il pappagallo, avendo intuito il pericolo si era nascosto sottocoperta, andando a rifugiarsi nella cabina del capitano, la cui porta era rimasta aperta, salendo sul letto dove la contessina lottava disperatamente contro la nausea.
“Brutto segno” pensò il nostromo, vedendo che all’orizzonte il sole spariva dietro una coltre di nuvole
“ci manca anche il temporale e siamo a posto, è tutta colpa di quella donna! lo dicevo io che una donna a bordo porta sfortuna!”
Il clipper straorzava terribilmente, il carico che avevano a bordo aveva abbassato di parecchio la linea di galleggiamento e non rimanevano che pochi palmi prima che cominciasse a imbarcare acqua dalla murata di destra.
“Alle sentine!”
Ordinò in quel momento il capitano intuendo il pericolo imminente,
“date una mano di terzaroli alle vele di maestra!”.
La nave cominciò subito a scarrocciare di meno, mano a mano che i marinai azionavano le pompe di sentina e operavano sulle vele per ridurle e prendere così meno vento.
Un giorno e due notti passarono così, senza che si avesse il tempo di dormire.

Il nocchiero era stato legato tutto questo tempo, e le piaghe che aveva sui fianchi ormai arrivavano alla carne, le mani erano conciate anche peggio, infilate in guanti di pelle conciata male erano piene di vesciche e l’acqua che filtrava al suo interno aveva fatto il resto.
I mozzi, in un momento di calma, erano scesi anche loro nella stiva a dare il cambio agli uomini alle pompe, anche loro ormai erano stanchi morti, anche per loro erano stati giorni terribili, senza poter mangiare e senza dormire.
All’alba del terzo giorno il mare improvvisamente si calmò, le onde, tanto alte e schiumose si ridussero all’altezza di poco più di un metro e il sole ricomparve a portare calore nei corpi bagnati dei marinai. Il comandante allora diede il permesso al nocchiero e al nostromo di andare a riposarsi e a curarsi le ferite.
In quel momento, al nostromo venne in mente il suo pappagallo, non lo vedeva da due giorni e chissà dove si era infilato questa volta.
“Cristo! Adesso mi tocca cercarlo da tutte le parti quel farabutto! Possibile che io debba avere un’animale tanto stupido che appena vede un po’ d’acqua si va a nascondere come un donna ?” Bofonchiò mentre scendeva sottocoperta.
Mentre l’ospite del capitano, ormai svuotata da quelle due notti di terrore, si rialzava stancamente dal letto per andare a svuotare il bugliolo, ormai colmo, dalla finestrella che dava sullo specchio di poppa, il nostromo cominciò a richiamare il suo animale con fischi e urla imperiose tanto che per tutta la nave si sentiva urlare
“Giorgiooooooo, Giorgioooooo, fatti vedere brutta bestia, vieni dal tuo papà che ti da il pranzo!”
A quelle urla, tutto l’equipaggio, anche se stremato dalla fatica, non poté fare a meno di ridere, facendo diventare rosso di rabbia il nostromo, che continuò a cercare per tutta la nave.
A quelle urla non si poteva resistere e dalla cabina del comandante arrivò una risata cristallina, seguita da un’imitazione quasi perfetta della sua voce.

Bene bene.... qui il mistero si infittisce...
Aspetto il seguito!!

ok domani il seguito, ma per adesso vado bene?

Per quel che mi riguarda vai benone!!

Il nostromo si diresse subito lì e sulla porta lo accolse la passeggera con il pappagallo in mano. Alla sua vista divenne ancora più rosso per la vergogna, imbarazzati tutti e due si guardarono negli occhi e lei allora gli chiese voltando lo sguardo sulla bestiola
“Credo che questo sia suo” mostrandogli il volatile
“Certo Giorgio è un nome ben strano per un pappagallo, non le pare?”
La sorpresa era troppo forte per lui, sentire quella voce melodiosa che si rivolgeva a lui gli tolse la parola e lo fece rimanere di sasso, riuscì a malapena a borbottare una parola di ringraziamento quando lei gli chiese
“Potrebbe dirmi anche il suo di nome, nel caso dovesse perdere di nuovo Giorgio, so come chiamarla.”
“ Il mio nome è Rosalina Costa” continuò
” Come la nave su cui siamo, non dovrebbe esserle difficile da ricordare, sono la figlia dell’armatore , e questa è un po’ la mia nave, l’ha chiamata così, in mio onore quando sono venuta al mondo dopo cinque maschi”.
Scossosi dallo stupore nell’apprendere che era la figlia dell’armatore riuscì a fare un inchino impacciato, a baciarle la mano e toltosi il cappello le disse :
“Madame, onorato di fare la sua conoscenza, permetta che mi presenti, sono il nostromo Romeo Pagano, al servizio della sua nave, se ha bisogno di me non ha che da chiamarmi”
“Ben strano anche il suo di nome, nostromo, forse si addice di più al suo pappagallo che non a lei”
Disse lei con una punta di ironia nella voce, porgendogli la bestiola,che finalmente ritornò sul suo trespolo ambulante.
Il nostromo, paonazzo dalla rabbia, prese Giorgio girò sui tacchi e si avviò con passi veloci verso il ponte.
Appena giunto in coperta vide il capitano che con aria divertita lo guardava e gli disse :
“ Signor Pagano, vedo che finalmente ha fatto conoscenza della nostra ospite, avrà capito il perché dorme nella mia cabina e io passo tutto il tempo possibile in coperta. Meglio così, almeno le ho fugato i dubbi su una nostra relazione che non esiste, sono stato costretto a imbarcare la signorina per ordine del padre, per riportarla in patria dopo un suo viaggio di piacere per l’africa”